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Sud-est asiatico: un jolly nell’industria globale della plastica

La regione asiatica sta affrontando con impegno le principali tendenze e tematiche, al fine di favorire una futura crescita economica “perfetta”, che avrà un effetto domino sull’industria della plastica. In vista della K 2019, la prima fiera mondiale delle materie plastiche e della gomma, che si terrà a Düsseldorf dal 16 al 23 ottobre 2019, daremo prima uno sguardo all'economia asiatica, suddivisa in diverse aree, per poi identificare l'industria delle materie plastiche, la crescita del mercato e le sfide della regione.

Con le economie mondiali sulle montagne russe, la crescita del commercio si prevede lenta a seguito di ulteriori restrizioni commerciali e incertezze politiche. Secondo l’OCSE (l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), l’economia mondiale dovrebbe crescere dal 3,3% nel 2019 al 3,4% nel 2020, meno quindi del 3,5% previsto l’anno scorso per entrambi gli anni.

Intanto, mentre in Cina nuove misure politiche hanno controbilanciato i deboli sviluppi degli scambi commerciali, la previsione dell’OCSE per il Paese rimane vicina a quella del 2018, con una stima di crescita del 6,2% nel 2019 dal 6,3%. E mentre la crescita dell’India è scesa al 7,1% nel terzo trimestre del 2018, la previsione è che cresca al 7,3% nell’anno fiscale 2018-19, e al 7,5% nei due anni successivi, secondo la Banca Mondiale.

Preparandosi ad affrontare altre turbolenze nei prossimi mesi, le economie mature stanno puntando verso i paesi del Sud-est asiatico, anche se la Bank of America Merrill Lynch prevede un rallentamento nei cinque Paesi – Indonesia, Malesia, Filippine, Singapore e Thailandia – con una leggera flessione della crescita al 4,8% nel 2019, dal 5% del 2018.

Come mercato unico il Sud-est asiatico ribadisce la propria competenza quale frontiera per industrie chiave, incluse l’industria automobilistica, il packaging, l’edilizia e gli apparecchi medicali. La regione affronta anche tematiche importanti correlate all’efficienza energetica attraverso lo sviluppo della sua industria per la produzione di veicoli elettrici; la riduzione dei rifiuti di plastica grazie a un’infrastruttura di riciclaggio, e l’adozione di una produzione industriale intelligente attraverso iniziative di Industria 4.0. Secondo un rapporto di Mordor Intelligence, il mercato della plastica del Sud-est asiatico dovrebbe registrare un CAGR del 5,5% nel periodo 2018-2023. L’industria edile e del packaging sono i principali settori utilizzatori della plastica nella regione, così come le applicazioni di lastre e fogli.

Intanto, Mordor Intelligence quantifica anche in 25,37 milioni di tonnellate il mercato dei tecnopolimeri nella regione Asia-Pacifico nel 2017. Per il periodo di riferimento 2018-2023 si prevede per il mercato un solido tasso di crescita pari al 5,7% (CAGR). Le resine di PET (polietilene tereftalato) dovrebbero dominare il segmento con una quota del 51% sulla percentuale di prodotti in tecnopolimero e registrare una crescita del 6,6% nei prossimi cinque anni.

Sfoggio di risorse nel settore automotive
Per rimanere competitivo il Sud-Est asiatico deve essere all’altezza della domanda globale nel settore automotive. Nel 2018 la regione ha prodotto oltre 4 milioni di veicoli, con una crescita media del 7,6% nella produzione e nelle vendite da gennaio a novembre 2018, secondo l’ASEAN Automotive Federation (AAF).

La Thailandia, in quanto principale produttore di veicoli della regione (veicoli commerciali e passeggeri), è in testa con una produzione di 2,16 milioni di unità nel 2018, con un aumento del 9% rispetto all’anno precedente. Nel 2018 le vendite di veicoli in Thailandia, calcolate sull’intero anno, sono aumentate del 19,2% raggiungendo su base annua 1 milione di unità. Tuttavia, la Federation of Thai Industries (FTI) prevede per il 2019 una leggera flessione della produzione di veicoli in Thailandia a 2,15 milioni di unità. Il Paese, soprannominato la Detroit d’Asia, rimane un paradiso produttivo per i costruttori automobilistici mondiali, inclusi Toyota, Ford, Honda, BMW, Mercedes e altri, che hanno costruito stabilimenti in Thailandia.

Al secondo posto per produzione si classifica l’Indonesia, con una produzione di oltre 1,24 milioni di unità, con un aumento del 9,9% rispetto alle 1,13 milioni di unità di un anno fa, secondo i dati forniti dall’AAF. L’Indonesia rimane inoltre il maggiore mercato automobilistico nel 2018, con la vendita di 1,06 milioni di unità in 11 mesi fino a novembre, con un aumento del 6,9% rispetto alle 994.436 unità vendute nello stesso periodo di un anno fa.

Intanto la Malesia, in quanto paese produttore di autoveicoli, ha registrato una flessione delle vendite del 23,7% dopo tre mesi fortunati durati da giugno ad agosto e ha chiuso il mese di novembre 2018 con un aumento delle vendite del 5,5%, secondo quanto riportato dalla Malaysian Automotive Association (MAA).

Inserimento nel settore dei veicoli elettrici o VE
Le vendite di veicoli elettrici sono in aumento in tutto il mondo, nel 2018 hanno superato per la prima volta la cifra di 1,2 milioni di unità mentre entro la fine dell’anno si prevede la vendita di oltre 1,6 milioni di veicoli elettrici a livello globale, secondo i dati diffusi nell'ultimo rapporto di Frost & Sullivan “Global Electric Vehicle Market Outlook” per il 2018. Mentre la Cina, gli USA e l’Europa contabilizzano circa il 90% del totale delle vendite di auto elettriche nel mondo, si affacciano come attori importanti anche il Giappone e la Corea del Sud. La Cina si accaparra metà della produzione globale nel 2017, seguita dall’Europa e dagli USA con rispettivamente il 21% e il 17%; mentre il Giappone e la Corea del Sud rappresentano rispettivamente l’8% e il 3%.

Il Sud-Est asiatico, dove veicoli, produzione industriale e combustione di biomassa rappresentano le principali cause del degrado della qualità dell’aria, sta compiendo anche progressi nel trasporto a basse emissioni di carbonio. Uno studio realizzato nel 2018 da Frost & Sullivan e Nissan, esteso a Singapore, Indonesia, Thailandia, Malesia, Vietnam e Filippine, sostiene che benché la diffusione di VE sia ancora relativamente bassa, i consumatori sono consapevoli delle differenze nelle varie tecnologie applicate ai VE, quali veicoli elettici a batteria (BEV), veicoli ibridi plug-in (PHEV) e quelli full hybrid. Lo studio rileva anche che i VE stanno acquisendo maggiore popolarità tra i giovani di età inferiore a 40 anni.

La scelta di Singapore, da parte dell’azienda tecnologica britannica Dyson, per la realizzazione del suo progetto multimiliardario per lo sviluppo dell’auto elettrica, con il roll out delle prime VE previsto entro il 2021, è risultata sorprendente dal momento che a Singapore quasi il 90% dei veicoli sono a benzina. Secondo la Land Transport Authority (LTA), l’anno scorso delle 614.937 vetture immatricolate a Singapore, 357 erano ibride plug-in benzina-elettrico, mentre 466 erano vetture a trazione puramente elettrica. Ciononostante, il Paese è uno dei pochi al mondo ad avere un programma di servizi di car-sharing elettrico e una flotta di taxi elettrici e si prevede inoltre che 60 autobus elettrici viaggeranno sulle linee di trasporto pubblico entro il 2020, secondo la LTA.

Altrove le “3 grandi” – ovvero Thailandia, Malesia e Indonesia, hanno elaborato rispettivamente delle roadmap per le VE al fine di costruire un ecosistema integrato per i veicoli elettrici volto a sostenere gli investimenti privati lungo la catena di valore. Nell’ambito del suo “Piano per la promozione dei veicoli elettrici”, che rientra nel piano di promozione delle energie alternative “Thailand Alternative Energy Development Plan 2012-2021”, la Thailandia è passata da 60.000 veicoli passeggeri ibridi e 8.000 motocicli elettrici a batteria nel 2014 a 102.000 vetture ibride e 1.400 veicoli elettrici a batteria nel 2018, secondo quanto riportato dal Land Transport Department.

L’Indonesia ha affrontato in maniera più consistente la questione dell’adozione dell’elettrico stabilendo l’obiettivo di innalzare la quota delle vetture elettriche prodotte localmente al 20% entro il 2025. L’obiettivo è quello di 2,1 milioni di veicoli elettrici a due ruote, quali motocicli elettrici, e 2.200 veicoli a quattro ruote entro il 2025. Gli investimenti sono cospicui e recenti sviluppi vedono la sudcoreana Hyundai aprire un impianto per la costruzione di 250.000 VE all’anno nella zona industriale di Cikarang; e un consorzio di investitori sudcoreani, giapponesi e cinesi costruire un impianto per la produzione di batterie per VE da 4 miliardi di USD a Morowali per attingere alle abbondanti riserve di nichel lateritici dell’Indonesia, un ingrediente chiave delle batterie agli ioni di litio.Il Paese sta anche mettendo a punto una misura che prevede incentivi fiscali per produttori di batterie per VE e case automobilistiche nonché accordi tariffari con Paesi con un’elevata domanda di batterie per veicoli elettrici.

Nell’ambito del suo “National Green Technology Master Plan” e del piano “Electric Mobility Blueprint (EMB)”, la Malesia prevede di mettere in circolazione, entro il 2030, 100.000 auto elettriche, oltre a 2.000 autobus elettrici e 125.000 stazioni di ricarica, sostiene il Malaysian Investment Development Authority.

Nelle Filippine, la Electric Vehicle Association of the Philippines (EVAP) si era prefissa nel 2014 l’obiettivo di mettere in circolazione 1 milione di veicoli elettrici entro il 2020, mentre il Dipartimento dell’Energia delle Filippine (DOE) ha collaborato con la Asian Development Bank (ADB) per l’introduzione di tricicli elettrici (e-trike) alimentati con batterie agli ioni di litio. Dal 2018, le strade sono percorse da circa 1.400 e-jeepney ed e-trike, sostiene il Department of Trade and Industry’s Board of Investments, con 19 stazioni di ricarica disponibili. L’EVAP prevede di installarne 200 entro il 2022. In Vietnam, dove circolano prevalentemente veicoli a due ruote, Vinfast, il suo primo costruttore automobilistico, prevede di produrre 250.000 motocicli elettrici all’anno e ha in programma di lanciare una propria vettura elettrica in un prossimo futuro.

La regione è tuttavia chiamata a fronteggiare il lento tasso di assorbimento dei veicoli elettici dovuto a incentivi poco allettanti, a prezzi delle VE più elevati rispetto ai veicoli con motore a benzina equivalenti, a una scarsa disponibilità di infrastrutture di ricarica, mentre dalle conclusioni di Frost & Sullivan emerge che i governi hanno un ruolo fondamentale da svolgere nel promuovere l’uso dei veicoli elettrici.

I maggiori produttori di imballaggi
Spinto dalla crescita e da un aumento dei redditi disponibili, il mercato asiatico degli imballaggi flessibili si appresta a raggiungere un CAGR del 5,7% attestandosi a 6,7 miliardi di USD nel periodo 2016-2024, secondo una previsione di settore di Transparency Market Research. La Thailandia, detta la “Cucina del Mondo” per l’importanza che rivestono il settore alimentare e agricolo, possiede uno dei segmenti di lavorazione degli alimenti più avanzato dell’Asia, con oltre 10.000 stabilimenti di trasformazione di alimenti e bevande. È il terzo settore per importanza e rappresenta oltre il 20% del PIL nazionale.

L’industria thailandese del packaging è destinata a raggiungere le 63,1 bilioni di unità nel 2020 da 51,3 bilioni di unità nel 2017, con un CAGR del 4,2%, sostiene Global Data research. Secondo le previsioni, gli imballaggi che presentano una maggiore funzionalità, quali confezioni da passeggio, sostenibili o personalizzate, vedranno aumentare la domanda sul lungo periodo, così come la plastica rigida che registra il maggiore aumento di quote di mercato e una crescita del 4,5% nel periodo 2017-2022.

Analogamente, l’Indonesia è destinata a guidare la classifica nel mercato degli imballaggi flessibili della regione con il packaging alimentare che assorbe il 70% del consumo di plastica, secondo Transparency Market Research. Le vendite di alimenti e bevande sono tra i principali fattori trainanti della forte crescita delle vendite al dettaglio in Indonesia, con una media del 3,7% su base annua, stando ai dati di dicembre 2018 di Bank Indonesia. Questo favorisce la crescita del mercato indonesiano della plastica, che dovrebbe registrare un CAGR del 6,23%, secondo le previsioni di un rapporto di Mordor Intelligence che abbraccia il periodo 2018-2023.

La nuova tendenza di stili di vita dinamici e frenetici nel fiorente processo di urbanizzazione dell’Indonesia determina un aumento della domanda di imballaggi più piccoli, pratici, da passeggio, secondo quanto afferma Global Data, che accenna anche alla crescente consapevolezza ambientale tra i consumatori quale elemento chiave della forte richiesta di formati di imballaggi ecocompatibili. Gli imballaggi flessibili sono ampiamente usati nell’industria alimentare indonesiana, grazie al loro basso costo, alla loro flessibilità nell’adeguarsi a forme e formati diversi, alla loro praticità e alla loro bassa impronta di carbonio. Nel 2016 gli imballaggi flessibili detenevano una quota di mercato del 42%, pari a 42 miliardi di unità nel 2016, e dovrebbero aumentare a 52 miliardi di unità nel 2021, con un tasso CAGR del 4,3% nel periodo 2016-2021. Tuttavia, gli imballaggi rigidi si sono accaparrati una consistente fetta di mercato in Indonesia nel 2016, pari a quasi il 25% del mercato, ed è destinata a crescere a un CAGR del 7,7% entro il 2021.

Con oltre 1.500 aziende produttrici di plastica, il mercato della plastica della Malesia è spinto dal packaging. Stando ai dati di Statista, il segmento alimenti e bevande della Malesia dovrebbe guadagnare 268 milioni di USD nel 2019; è inoltre prevista una crescita annua a un tasso CAGR del 18% a 520 milioni di USD entro il 2023. Anche l’industria farmaceutica sta alimentando la crescita del packaging.

Incombe il problema rifiuti – chiudere il cerchio per la sostenibilità
Il boom dei settori della plastica e degli imballaggi nel Sud-est asiatico ha portato a un acuirsi del problema rifiuti. Secondo il gruppo di difesa ambientale Ocean Conservancy e stando alleconclusioni del Science journal, oltre metà della plastica scaricata negli oceani arriva da cinque Paesi – Cina, Indonesia, Filippine, Thailandia e Vietnam.

Contemporaneamente, con il blocco imposto l’anno scorso dalla Cina alle importazioni di gran parte della plastica riciclabile prodotta nel mondo, al fine di sviluppare le proprie capacità interne di riciclaggio, il Sud-est asiatico è diventato la discarica per i rifiuti di plastica provenienti da altri paesi. E mentre Thailandia, Vietnam e Malesia hanno iniziato a imporre divieti di importazione per i rifiuti di plastica, servono norme aggiuntive per arginare la marea, dal momento che sorgono stabilimenti di riciclaggio della plastica illegali persino con il divieto.

In quanto secondo maggiore contributore alla crisi dei rifiuti di plastica negli oceani, dopo la Cina, l’Indonesia ha un compito immane da affrontare. Il Paese, con una popolazione di 250 milioni di persone, ha usato nel solo anno 2016 9,8 miliardi di sacchetti di plastica, secondo i dati del Ministero dell’Ambiente e delle Foreste. A fronte della mancata tassazione dei sacchetti di plastica monouso, che avrebbe avuto un “impatto sulle piccole e medie imprese”, secondo l’Indonesian Olefin, Aromatic and Plastic Industry Association (Inaplas), il Paese ha ora impegnato 1 miliardo di USD, compreso un prestito di 100 milioni di USD della Banca Mondiale. La previsione è di ridurre la quantità di plastica riversata negli oceani del 70% entro il 2025, secondo quanto affermato dal Ministero coordinatore per gli affari marittimi, attraverso la riprogettazione dell’imballaggio dei prodotti, l’utilizzo di materiali riciclabili e una gestione adeguata dei rifiuti. Per quanto riguarda quest’ultimo punto, il Paese vanta una “ragguardevole” industria di riciclaggio, con circa 1,1 milione di tonnellate di rifiuti di plastica riciclate all’anno. Ciononostante il tasso di riciclaggio rimane ad un livello basso del 20%, afferma il nuovo consorzio Indonesia Plastics Recyclers (IPR).

Con una produzione di circa 3 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica all’anno, la Thailandia ha stabilito una strategia ventennale, che include il divieto di utilizzo di sacchetti di plastica monouso entro il 2022, seguiti da bicchieri e cannucce di plastica nel 2025, secondo i piani elaborati dal Dipartimento per il controllo dell’inquinamento.

Il Paese limitrofo, la Malesia,ha tracciato un piano a rifiuti zero che punta ad abolire la plastica monouso entro il 2030. Accordando la massima priorità all’incenerimento, Singapore ha rimandato l’introduzione di politiche volte a vietare o tassare la plastica monouso, con grande rammarico degli ambientalisti, visto che persino la Cambogia ha introdotto una tassa sui sacchetti di plastica nei centri commerciali e supermercati. Nelle Filippine è entrato in vigore un divieto di utilizzo della plastica monouso negli uffici governativi, con la messa al bando di stoviglie, sacchetti e cannucce in plastica. Anche le amministrazioni locali hanno imposto strategie a rifiuti zero nelle loro città.

Conclusioni e prospettive per l'industria delle materie plastiche del Sud-Est asiatico
Mentre il Sud-est asiatico segue il suo percorso di crescita nel settore della plastica, la sostenibilità nel settore non potrà essere conseguita senz’alterare gli attuali sistemi di gestione e di consumo della plastica. Attualmente i cinque Paesi asiatici, Indonesia, Filippine, Vietnam, Thailandia e Malesia, producono collettivamente 8,9 milioni di tonnellate all’anno di rifiuti di plastica mal gestiti. Affrontare l’impatto ambientale della gestione dell’accumulo di rifiuti con divieti di utilizzo e simili misure di tipo fiscale, che rappresentano fondamentalmente la prima linea di difesa per molti paesi nella gestione dei rifiuti, potrebbe non essere più tanto efficiente quanto previsto. Oggi si richiede un approccio più espansivo che includa la progettazione e consenta alle tecnologie di massimizzare il valore dei materiali. Una soluzione è costituita dal modello di economia circolare che mira a limitare gli sprechi attraverso il riutilizzo e la riciclabilità dei materiali nei settori prevalenti (automotive, edilizia, imballaggi e altri).

Intanto sono stati fissati degli obiettivi nell’ambito del nuovo modello sostenibile promosso dall’ONG, Circular Economy Asia (CEA), con base in Malesia, volto ad intensificare gli impegni dell’Asia nella riduzione dei rifiuti verso un’economia circolare. Il modello di CEA include l’allestimento di un servizio di raccolta regolare, appropriato ed efficiente, il sostegno di soggetti non ufficiali operanti nella raccolta di materiale riciclabile, sfruttando i livelli entro i quali operano, poiché è un sistema già collaudato; comprende inoltre il rilascio di concessioni a soggetti non ufficiali operanti nella raccolta di materiale riciclabile per le aree geografiche connesse tecnologicamente, che forniranno informazioni e dati per una serie di soluzioni chiave. CEA promuove anche l’accordo “Asian Plastics & Packaging Agreement (APPA)”, un programma volto a instaurare un sistema di etichettatura comune del materiale riciclabile, una catena di rifornimento certificabile e che sostiene ogni paese asiatico nella creazione di un’industria della plastica e degli imballaggi sostenibile e circolare.

Infine, CEA afferma che se i responsabili politici adottano l’economia circolare ora, la chiusura del cerchio in Asia avverrà presumibilmente nel 2050, attraverso l’eliminazione del conferimento in discarica con la diversione di risorse riciclabili per il ritrattamento e con la produzione di plastica riciclabile al 100%.

Alla K 2019, sia i produttori di materie prime che gli ingegneri meccanici vogliono mettere a disposizione a livello internazionale la loro esperienza e le loro conoscenze in materia di riciclaggio, sviluppo sostenibile e gestione del riciclaggio con la plastica. In questo contesto, in particolare, la "Circular Economy" sarà al centro del K 2019, che, in qualità di fiera leader mondiale del settore, offre le condizioni ottimali per approfondire questo importante tema con esperti di molti paesi del mondo e per intensificare la cooperazione.
www.k-online.de

 

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